È il rapporto sulle condizioni delle persone con malattie rare che ogni anno offre una fotografia aggiornata dell’impatto delle malattie rare nel nostro Paese e un monitoraggio delle iniziative portate a termine e di quelle che invece sono ancora da attuare.
Nel 2021 sono stati oltre 400 mila le persone intercettate come malati di malattie rare, un numero in aumento ma che è ancora una sottostima e la cifra reale potrebbe superare i 600 mila individui. Se si considerano anche le malattie non ancora inserite nei Lea, il totale dei malati rari potrebbe addirittura raggiungere i due milioni.
Come ha sottolineato la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro, per le malattie rare “disporre di dati solidi e affidabili è fondamentale per capire la dimensione reale del fenomeno e predisporre il sistema organizzativo che ci serve per affrontarlo, così come per fare ricerca in modo mirato”.
Sul territorio nazionale c’è una significativa disomogeneità non solo nella capacità dei registri di “contare” queste persone con malattie rare, ma anche nella presenza di centri di riferimento, che pur essendo cresciuti restano concentrati (i due terzi) soprattutto nelle Regioni settentrionali.
Questo si traduce in quel fenomeno definito “migrazione sanitaria”: si stima che il 17% dei malati di malattie rare – quota che sale al 25% se si considerano solo i minorenni – va a curarsi in una regione diversa da quella di residenza.
Scopinaro ha sottolineato come ci sia bisogno di più personale specializzato: mancano medici, infermieri e terapisti specializzati, altrimenti non è possibile attuare i piani diagnostici, terapeutici e assistenziali, i cosiddetti PDTA.
Altri temi fondamentali: la diagnosi che deve essere più tempestiva e accurata ed è necessario migliorare la presa incarico, l’accesso alle cure disponibili per migliorare, di conseguenza, la qualità di vita della persona con malattie rare, e delle loro famiglie.
Oggi l’Italia è seconda solo agli Stati Uniti per numero di patologie oggetto di screening neonatale per le quali quindi si possa attuare tempestivamente un intervento. Anche i programmi per le malattie rare non diagnosticate, tra cui quello di Fondazione Telethon, sono all’avanguardia, ben inseriti nella rete internazionale, e concorrono a far crescere la capacità di diagnosi e la riduzione tempi di attesa.
Ci sono però delle note dolenti sulla situazione delle malattie rare in Italia, come l’allargamento dello screening neonatale alla sma e ad altre patologie, tra cui le immunodeficienze; questo è stato anche previsto dal punto di vista legislativo, eppure è ancora tutto fermo.
il rapporto evidenzia un aumento nel tempo della disponibilità di farmaci orfani autorizzati dalle autorità regolatorie e di quelli resi disponibili grazie a provvedimenti ad hoc come la Legge 648 o la 326. Per quanto riguarda le terapie avanzate, 8 su 14 di quelle autorizzate sono Europa sono disponibili in Italia, seconda solo a Germania e Regno Unito.
Anche il numero di studi clinici in cui si testano farmaci per le malattie rare sono aumentati: ma come ha sottolineato la presidente di Uniamo «serve ancora tanta ricerca, perché attualmente soltanto 300 delle oltre 7000 malattie rare descritte dispongono di un trattamento.
Investire nelle malattie rare significa farlo per la collettività, perché queste patologie così complesse sono un paradigma che permette di mettere a punto strategie che poi possono essere utili per la collettività intera.